“Defibrillatori: a che punto siamo?”. Il 28 novembre il convegno in Gran Guardia con Ulss 18 e Scuola Regionale dello Sport

Il tempo stringe. Entro l’1 gennaio 2016 anche le società sportive dilettantistiche, ad esclusione di quelle che svolgono attività a basso impatto cardiovascolare (come bocce, biliardo e golf) dovranno dotarsi di un defibrillatore semiautomatico. L’obbligo, già legge per le società professionistiche, è imposto dal “decreto Balduzzi”, datato 2013 e finalmente pronto a tradursi in una svolta definitiva per il mondo sportivo. In ogni palestra o impianto di gioco non dovrà mai mancare questo prezioso strumento.
Ma il Polesine è davvero pronto al cambiamento? Quasi insidie nasconde la nuova normativa? E soprattutto, abbiamo già la necessaria dimestichezza con i defibrillatori? Per rispondere a queste e a molte altre domande il Coni Point di Rovigo ha organizzato per sabato 28 novembre un convegno nella Sala della Gran Guardia, in piazza Vittorio Emanuele II a Rovigo a partire dalle 9.30, dal titolo “Defibrillatori: a che punto siamo?”. Un evento organizzato in collaborazione con il reparto di Cardiologia dell’Ulss 18 diretto dal dottor Loris Roncon, la Centrale Operativa del 118 diretta dal dottor Marco Sommacampagna e con il sostegno della Scuola regionale dello Sport del Veneto, durante il quale si cercheranno di affrontare gli aspetti regolamentari, medici e giuridici legati ad un argomento così delicato. Non mancherà la testimonianza degli Amici del cuore di Rovigo, da sempre impegnati in attività di sensibilizzazione e informazione sulle malattie del sistema cardiocircolatorio.
A sottolineare quanto sia importante un approfondimento in materia di defibrillatori, ricordando anche recenti fatti di cronaca fortunatamente a lieto fine, è la dottoressa Mariapaola Galasso, cardiologa dell’Ulss 18. “A  settembre  nel reparto di Cardiologia di Rovigo sono stati ricoverati due pazienti colti da arresto cardiaco durante l’attività fisica ed entrambi ‘resuscitati’ dal pronto intervento degli astanti che, dopo aver praticato il massaggio cardiaco, hanno utilizzato con successo  i defibrillatori semiautomatici presenti riuscendo  ad interrompere l’aritmia e ripristinare il ritmo regolare del cuore – ricorda la dottoressa, che aggiunge - L’arresto cardiaco in età giovanile interessa 4/5 soggetti su 100.000 persone ma, tenendo conto dell’aumento dell’attività fisica, anche in soggetti più anziani non è evenienza così rara”.
La presenza di un defibrillatore in un impianto sportivo e il suo corretto utilizzo possono dunque salvare una vita in caso di arresto cardiorespiratorio. “L’intervento più importante e primario è quello del massaggio cardiaco con cui il soccorritore, attraverso ritmiche compressioni del torace, vicaria l’attività di pompa cardiaca, interrotta dall’evento aritmico, permettendo di conservare le funzioni vitali dei vari organi – spiega Mariapaola Galasso - Per interrompere l’aritmia alla base dell’arresto cardiaco, prima dell’avvento dei DAE (defibrillatori semiautomatici, ndr), era necessario attendere l’arrivo del personale medico, con evidente allungamento dei tempi di rianimazione, mentre adesso anche ‘laici’, addestrati con appositi corsi gestiti dal 118 o da organismi accreditati, possono utilizzare questi device. L’apparecchio infatti è in grado di fare autonomamente la diagnosi, sollevando da questa responsabilità il soccorritore che deve solo premere il pulsante per erogare la scarica elettrica”. Ricordiamo che ogni minuto di ritardo nei soccorsi riduce del 10 % la probabilità di successo.
Riepilogando, come comportarsi dunque di fronte a un arresto cardiaco se si dispone di un defibrillatore semautomatico? “Nella cosiddetta catena della sopravvivenza i punti essenziali sono: riconoscimento e attivazione precoce del sistema di soccorso, rianimazione cardiopolmonare precoce eseguita dai presenti, defibrillazione precoce eseguita dai presenti, intervento dell’equipe di rianimazione avanzata. Da quanto detto si capisce il motivo per cui con la legge Balduzzi ha voluto tutelare chi pratica attività sportiva dotando  tutte le strutture dove si pratica attività sportiva dei DAE. La loro presenza ‘sul campo’ permette di ridurre i tempi del soccorso e aumentare la possibilità di sopravvivenza dei pazienti”, spiega la cardiologa dell’Ulss 18.
Va poi detto che i DAE all’interno degli impianti sportivi entrano nella rete più generale del Public Access Defibrillation (PAD) cioè della rete di tutti i defibrillatori presenti nel territorio coordinati dalla Centrale del 118 pronti ad essere utilizzati in tutte le emergenze.
Non tutti però hanno già familiarizzato col nuovo strumento medico. Alcune società devono ancora dotarsene. Altre sono alle prese con più di qualche interrogativo. “Lo scopo di questo incontro, organizzato dal Coni point di Rovigo in collaborazione con l’Azienda sanitaria Ulss 18 e la Scuola regionale dello Sport del Veneto, è proprio quello di sensibilizzare le società sportive e fare il punto della situazione nella nostra provincia – sottolinea Maria Paola Galasso, che poi circa le principali criticità che si incontreranno nell’iter di adeguamento alla normativa, aggiunge - Al momento credo ci siano difficoltà legate soprattutto ad aspetti pratici nella gestione dei defibrillatori, specialmente in realtà come le palestre scolastiche condivise da più società”.
E’ proprio dalle scuole che secondo la dottoressa dell’Ulss 18 dovrebbe partire una campagna per la diffusione di una cultura della rianimazione. “L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha lanciato il progetto ‘Kids save lives’ che promuove l’inserimento in tutte le scuole, per i bambini dai 12 anni in su, di 2 ore all’anno di cenni di rianimazione cardiopolmonare per educare le giovani generazioni. Tale richiamo è stato anche ripreso dal nostro Governo nella ‘Buona scuola’ ma l’assenza di risorse economiche stanziate penso renderà difficile il decollo del progetto”.

NB. Nei prossimi giorni verrà comunicato il programma dettagliato del convegno.